Decidere di pancia (e non pentirsene) Quando è l’istinto che insegna

18 August 2017

Non sempre la razionalità conduce alle scelte migliori, per esempio quando è in gioco il nostro benessere. Attenzione però a non rispondere subito alle email irritanti

Di Lorenza Cerbini

«Diventa ciò che sei», scrive Friedrich Nietzsche in «Così parlò Zarathustra».
«Di regola le grandi decisioni della vita umana hanno a che fare più con gli istinti che con la volontà cosciente e la ragionevolezza», sostiene lo psicoanalista e sociologo Erich Fromm.
«È nel momento della decisione che si forgia il tuo destino», rimarca il coach americano Anthony Robbins.
Non c’è dubbio che prendere decisioni è difficile, sia che si tratti della vita privata sia di quella lavorativa. Decidere coinvolge non solo la testa, ma anche (e soprattutto) la pancia. Come? Europei 2016. L’Italia gioca contro la Bulgaria. Al decimo minuto del secondo tempo Daniele De Rossi finisce a terra. Iliyan Mitsanski è lì, sopra di lui, a portata di... piede. E De Rossi non ci pensa due volte, un calcio e via. Scatta il cartellino rosso: reciproche scorrettezze, dice l’arbitro che spedisce i due nazionali negli spogliatoi. La reazione di De Rossi è «di pancia»? «Sì», facile comprenderlo.

A volte ci sentiamo messi al muro incapaci di decidere quale strada seguire. E non sono immuni neppure i manager ai vertici di importanti aziende. Meglio seguire l’istinto o il raziocinio? Due scuole di pensiero che di rado si incontrano. Raffaella Monzani è Cfo del Gruppo Bkw Italia, multinazionale svizzera del settore delle energie rinnovabili. «La pancia mi dice sempre cosa devo fare» afferma questa manager dal curriculum variegato: una laurea in Bocconi, tanta esperienza maturata nel settore media-intrattenimento (Bertelsmann, Fila, Mediamarkt) e poi il passaggio nell’industria dell’energia (ad di Falck, poi Bkw). E approfondisce: «È la pancia a indicarmi la via da seguire, ma lavoro con i numeri e devo giustificare le mie decisioni sulla base della razionalità. L’istinto mi porta ad agire in maniera veloce. Vedo un numero ed è come se mi parlasse. Capisco cosa sta dicendo. So dove mi porterà. Ma è con la testa che formalizzo una decisione».

«Le decisioni peggiori sono quelle di pancia perché sono legate alla dimensione emotiva e non sono di qualità. Ragion per cui, poi, molti se ne pentono — sostiene Cristina Bombelli, fondatrice di Wise Growth, società di consulenza e formazione professionale —. Il tema però è complesso e interessante se analizzato dal punto di vista del benessere. Mi è capitato di lavorare con una persona con cui non mi trovavo bene. Alla fine ho scelto di lasciare quel lavoro. Con quel gesto di ribellione, ho scelto la dimensione del benessere individuale. Se fossi rimasta avrei guadagnato in termini economici di più, ma a che prezzo?».

«Ho imparato ad usare la pancia dopo i 30 anni. Adesso mi lascio guidare dall’intuito che nasce dall’accumulo delle esperienze precedenti — dice Marianna Valletta, fondatrice dell’omonima società di relazioni pubbliche specializzata in marketing finanziario e legale —. Ho aperto la mia società nel 2013 in piena crisi economica. È stata una scelta coraggiosa. Ho messo da parte la paura e la razionalità. Sarei potuta andare a lavorare per qualche agenzia. Dopo aver portato valore a tanti brand, ho però voluto qualcosa che mi assomigliasse. Ho scelto l’ignoto, potendo contare sulla competenza e la conoscenza del mercato». «La decisione più difficile della mia vita l’ho presa quando ho lasciato Mediamarkt per Falck — riprende Monzani — C’era molta emotività, c’erano aspettative deluse. È stato invece facile scegliere l’università. Venivo da un liceo linguistico, lo sbocco naturale sarebbe stato l’insegnamento. Ho intuito che Economia mi avrebbe aperto più possibilità. Decisione azzeccata». «Consiglio ai miei clienti di riflettere, sempre — dice Bombelli — Se riceviamo una email irritante, è bene aspettare prima di rispondere per evitare conflitti che potrebbero risultare difficili da risanare».

«Scegliere è anche riconoscere le proprie responsabilità cosa che, a volte, può sembrare difficile e causare dei sensi di colpa», sostengono Anna Gallotti e Maryvonne Lorenzen nel volume «L’arte di prendere le decisioni giuste», Feltrinelli. Ci sono scelte che posso portare a ripensamenti. L’esempio recente quello di Antonio Cassano, indeciso tra continuare con il calcio (voglio fare una «stagione super» ha detto in luglio) o dedicarsi del tutto alla famiglia. Si è trovato di fronte al bivio professione-affetti. Di pancia o di testa è importante evitare lo scenario di Bruce Ismay, presidente della società che costruì il Titanic. Suggerì al capitano di andare più veloce in modo da poter finire sulla prima pagina dei giornali. Peccato che quell’oceano fosse pieno di iceberg.

Clicca qui per leggere l'articolo apparso sul Corriere della Sera

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